L’Epifania tutte le feste porta via, ma quello che resta nella calza - per alberghi e ristoranti piemontesi - è una grossa quantità di carbone. Lo dice il bilancio di Cna Agroalimentare Piemonte: un focus in chiaro-scuro. “Per quanto riguarda la distribuzione, ristoranti, strutture alberghieri e catering, siamo ancora in profonda crisi - dice il presidente regionale di CNA Agroalimentare Giovanni Genovesio -Alcuni annunci, non decreti, non decisioni, ma solo dichiarazioni espresse sull’onda dell’emotività hanno fortemente danneggiato il comparto".
"Le regole cambiate sotto date, la difficoltà a rispondere alle richieste dei clienti, hanno portato un’onda di cancellazioni. Per il Capodanno la ristorazione ha avuto un 50% di disdette rispetto alle capienze già ridotte per i distanziamenti - fa notare - Tutto questo mentre le strutture alberghiere, invece, hanno pagato maggiormente il Natale per una quota variabile tra un terzo e un quinto delle capienze”.
L'altro piatto della bilancia: bene la produzione
L'altro piatto della bilancia è rappresentato però dalla produzione: la gastronomia e l’asporto hanno segnato un aumento, proprio in virtù delle feste che si sono spostate dalle sale dei ristoranti alle sale da pranzo delle case. “Non riusciamo tuttavia a quantificare il reale impatto positivo delle feste perché da settimane, gli imprenditori stanno combattendo contro la fortissima difficoltà nell’approvvigionamento delle materie prime per le preparazioni. È possibile che a fronte di maggiori ordinativi da parte della clientela, il fatturato non sia altrettanto positivo per l’aumento notevole dei costi”, continua Genovesio.
"Serve un tavolo per salvare le imprese e il lavoro"
“È chiaro che siamo ancora in piena crisi - conclude il presidente di Cna Agroalimentare Piemonte - A livello nazionale abbiamo già chiesto l’apertura di un tavolo per un settore che non vuole altri ristori, ma che richiede attenzioni e decisioni importanti che portino a salvare le imprese e l’occupazione, perché il rischio delle chiusure per molte realtà della ristorazione e del settore alberghiero non sono una prospettiva remota. E dalle zone più turistiche, come quelle montane, la preoccupazione è il danno che arriverà anche a febbraio, quando la stagione dovrebbe entrare in un momento di massimo afflusso e che, invece, rischia di essere totalmente compromessa”.