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Sanità | 26 gennaio 2023, 20:33

Liste d'attesa ad Asti: mancano gli anestesisti e le sale operatorie si bloccano. Intervista al direttore sanitario ospedale di Asti, Mauro Occhi

"Abbiamo appena fatto un concorso per 5 medici di Pronto soccorso. Non si è presentato nessuno. Serve incentivare il lavoro e servono leggi nuove"

Liste d'attesa ad Asti: mancano gli anestesisti e le sale operatorie si bloccano. Intervista al direttore sanitario ospedale di Asti, Mauro Occhi

Liste di attesa per visite o indagini mediche lunghissime, snervanti e svilenti.

Un problema reale e tangibile quotidianamente, non solo ad Asti, ma in tante città italiane.

Il motivo? In realtà i motivi sono diversi e di difficile, al momento, soluzione.

Sono tante le segnalazioni che arrivano da utenti e frequentatori dei social: da Rosa che denuncia l’attesa di un anno per un’ecografia addome al Cardinal Massaia, a Carolina: “Un anno e mezzo per un’eco alla tiroide", a Patrizia che scrive: “Sono uscita da terapia intensiva , dopo un infarto, con delle impegnative per esami urgenti. All'ospedale per ECG urgente appuntame.to tra 6 mesi. Nel privato due giorni. Allucinante”.

Ormai – scrive qualcuno – si si sta arrivando a mirare al modello della sanità privata. Chi avrà i soldi per curarsi e fare esami privatamente potrebbe sopravvivere, per noi comuni mortali tanti cari auguri”.

Centinaia i commenti e le considerazioni, eppure abbiamo eccellenze mediche, ad Asti e in Italia, che in altri posti al mondo si sognano. O servizi come l’infermiera di comunità o le cure domiciliari. Non tutto è da mettere nel calderone dell’inefficienza perché così non è. Certo è inaccettabile dover rivolgersi ai privati perché la sanità pubblica non dà risposte in tempi brevi.

Abbiamo chiesto spiegazioni e dettagli a Mauro Occhi, direttore sanitario del Cardinal Massaia

Dottore qual è la situazione?

Il problema è reale e il 90% lo attribuirei a un difetto strutturale dei sistema e riguarda tutto il Paese, soprattutto le aree più periferiche. L’area metropolitana è, per i medici, decisamente più attrattiva. Questo dipende da come è disegnato il sistema, purtroppo. I finanziamenti sono in progressiva discesa dal 2010.

Ma dal Pnrr non sono arrivati fondi? Certo, meno di quello che si pensava

Quando dicono che l’anno scorso sono arrivati 122 miliardi e quest’anno 123, è uno specchio per le allodole perché tra inflazione ecc la cifra è sempre la stessa.

Quindi un problema di soldi e meno assunzioni?

Il direttore generale ha dei vincoli sulle spese e le assunzioni, c’è un tetto di spesa stabilito in maniera precisa dalla politica, il fatto di avere meno soldi si riflette su tutte le voci di spesa. Il tema è nazionale. Il Paese ha scollegato l’università dal mondo del lavoro. Le parlo da genovese che è la città più anziana di tutte e l’università continua a sfornare pediatri, per dire...C’è uno scollegamento e le professioni di cui abbiamo bisogno non ci sono.

Oggi è cambiata la medicina?

Si e sono cambiate le persone, nel bilancio tra diritti e doveri, la legge ci ha messo un po’a far maturare consapevolezze, ma la gente oggi sa quali sono i diritti. Non abbiamo solo pazienti ma persone che esigono un diritto. La prestazione deve essere garantita.

Qualcuno si sente dire di rivolgersi alla sanità privata. Ma che succede alla pubblica?


La risposta non andrebbe mai data, innesca un meccanismo in chi ha un problema da risolvere. Abbiamo la colpa di non informare abbastanza, perché la persona non si senta privata di un diritto. Bisogna far sapere che il medico curante può graduare in quattro priorità diverse la prestazione e se la ritiene urgente non devono passare più di dieci giorni. Se è programmabile, purtroppo va in coda.

Quali medici mancano?

Non ci sono anestesisti non ci sono specialisti delle urgenze e tutto si blocca. Tutta la chirurgia non di urgenza deve fare i conti con la mancanza di anestesisti, se non ci sono loro non si può andare avanti, finche non si riesce a rimpolpare quella forza lavoro con una politica di maggiori incentivi.

Quindi di nuovo una questione di maggior guadagno

E sì, questa politica si sconta purtroppo. Abbiamo fatto un concorso per il Pronto soccorso per 5 medici e non si è presentato nessuno. Dopo 30 anni queste persone che hanno un lavoro rischioso, anche dal punto di vista legale e assicurativo, hanno bisogno che venga riconosciute.

Il Covid c’entra?

Il Covid ha fatto esplodere il problema, non è una sorpresa che l’anestesista vada a fare altro o vada in pensione.

Ma quindi? Dobbiamo per forza rivolgerci al privato?

Intanto dobbiamo fare delle leggi nuove. Il medico di famiglia guadagna in base al numero di pazienti, meccanismo un po’ diabolico perché non si vuole scontentare il paziente quando fa delle richieste di accertamenti. Oggi per loro è un equilibrismo tra i cittadini, il sistema sanitario e la burocrazia. Il Pnrr porta un’idea nuova di sanità che vuole incentivare la telemedicina e fare andare meno in ospedale, fornendo i macchinari.

Anche ad Asti?

Ad Asti ci sono una decina di infermiere di comunità che sanno valutare anche la possibilità che un anziano sia accudito come si deve e interagiscono con il medico di famiglia.

Il Valle Belbo potrà aiutare a sveltire le attese?

Dipende sempre dalle politiche sul personale, attualmente facciamo fatica a garantire gli organici.

 

Qualche soluzione?

Potremo avere più privati accreditati, il Cdc è un grande ambulatorio, ma non possiamo certo fare protesi d’anca. Non possiamo nemmeno proporre sempre di andare ad Alessandria, Asti è un po’ sacrificata da questo punto di vista.

Betty Martinelli

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