E' cittadino onorario di Isola d'Asti, Don Luigi Ciotti, 78 anni, origini venete, cresciuto a Torino ma da sempre impegnato nella lotta alla mafia. E' stato prima ispiratore e fondatore del Gruppo Abele, quindi dell'associazione Libera contro i soprusi delle mafie in tutta Italia e nel mondo.
Mafia e droga, quindi, sono stati due temi caldi, affrontati all'interno della lectio magistralis che Don Ciotti ha tenuto all'interno della sala consiliare del comune di Isola. Presenti il vescovo, Marco Prastaro, il Prefetto Claudio Ventrice e tutti i vertici delle Forze dell'Ordine che operano sul territorio.
Dopo la consegna della cittadinanza da parte del sindaco Michael Vitello, nel suo lungo intervento, Don Ciotti ha raccontato le sue radici e i motivi che lo legano a questo territorio. Da piccolo, nato in Veneto e "trasferitomi a Torino, dove mio padre trovò lavoro come operaio sul ponte, allora in costruzione, di Pollenzo. Allora ho conosciuto molte persone del paese, qua sono tornato molte volte a celebrare matrimoni ed a incontrare amici" ha raccontato.
La Mafia è il male. E la Chiesa ha il dovere di intromettersi nel male
Una vita sempre in movimento, quella di Don Ciotti, ma anche una vita sotto scorta. Come tutti quelli che hanno voluto mettere a servizio il proprio impegno contro la mafia, la propria esistenza è diventata un "martirio" nell'eccezione più pura del significato, che è quella di testimonianza. Lo racconta lui stesso, citando le parole che Papa Giovanni Paolo II pronunciò nella Valle dei Templi tuonando contro i mafiosi: "Convertitevi! Verrà il giudizio di Dio". "Sono parole che non piacquero alla mafia - racconta - che disse che la Chiesa non doveva interferire. Ma la Chiesa ha il dovere di interferire contro il Male - spiega nel suo passaggio più teologico - ne va della sua natura stessa. E la Mafia è il male. Le parole del Papa, quella volta, dopo le stragi in Sicilia, costituirono un punto di svolta nella lotta contro la Mafia"
Quella di essere sacerdote e militante, uomo di Chiesa ma anche attivista nella società, è un ruolo che accompagna tutta la vita di Don Ciotti. "Credo che si debba guardare al cielo, ma fare di tutto per migliorare la terra". E qui giunge forse il passaggio più politico: "Molto Vangelo è presente nella Costituzione, molta Costituzione è nel Vangelo. Non esiste un confronto tra i due. Nel Vangelo c'è scritto che è peccato contro Dio sopraffare il più debole. Se invece mi chiedono qual è il primo testo anti mafia, io rispondo: la Costituzione. Se solo fosse applicata fino in fondo".
La droga? Un problema forse peggiore oggi che negli anni '70
Cosa rischia la Mafia oggi? Di essere banalizzata, "di diventare una criminalità comune, come tante. Ma non lo è. Solo perché vediamo meno sangue sulle strade non vuol dire che questa è sconfitta. Agisce nell'ombra, all'ombra del potere. Il potere è una droga che devasta e totalizza. Vuoi averne sempre di più".
E sulle droghe, Don Ciotti fa suo un altro importante passo del suo intervento: "Negli anni '70 si parlava tanto di droga. Ora il problema sembra scomparso: in realtà è più vivo che mai. C'è meno sensibilizzazione, meno servizi contro le dipendenze. Eppure la questione è uguale, se non peggiore come un tempo. Pensiamo all'alcool, la droga più facile da procurarsi e più a basso costo. E' una piaga sociale per i ragazzi. Così come i il mercato degli psicofarmaci, oppure Internet e i Social. Sono una droga insidiosa, che isola i ragazzi e li aliena dai genitori".
Insomma, il prete di strada per antonomasia ha raccontato molto della sua vita. Un'esistenza spesa nel fronteggiare problemi che per per molti sembrerebbero insormontabili, ma che lui prende di petto, con la verve e la grinta nonostante gli anni trascorsi . Perché “la mia vita è piena delle vite degli altri”, come ripete spesso lui.