Questa mattina, in una giornata particolarmente significativa perché primo anniversario dell'omicidio di Giulia Cecchettin, che tanto ha scosso tutta Italia, la questura di Asti e il Centro antiviolenza 'L'Orecchio di Venere' afferente la Croce Rossa ("Il Centro è il nostro punto di diamante per le attività svolte in provincia. Un'attività onerosa in termini di energie e risorse, ma ci crediamo molto", ha sottolineato il presidente Davide Fontebasso) hanno organizzato una conferenza stampa per rimarcare l'impegno nella campagna permanente della Polizia di Stato contro la violenza di genere denominata "Questo non è amore", ampliandone il raggio d'azione sul territorio provinciale.
L'iniziativa, che vede la collaborazione tra Polizia di Stato, ASL AT e Croce Rossa Italiana, si articola in una serie di presenze presso le Case della Salute e i Consultori della provincia. "Abbiamo scelto i consultori perché in quel contesto la donna è da sola, senza il rischio di presenze che possano intimorirla, e pertanto è libera di esprimersi", spiega il questore di Asti Marina Di Donato. Gli incontri, già avviati alla Casa della Salute di Canelli, proseguiranno ad Asti (consultorio di via Baracca 6) e a Nizza Monferrato (consultorio di piazza Garibaldi 17), con la presenza costante di mediatori culturali. Inoltre si sta lavorando per realizzare un ulteriore giornata anche presso la Casa della Salute di San Damiano d'Asti.
Elemento centrale dell'iniziativa è un questionario, riprodotto anche in allegato a questo articolo, distribuito per un'intera settimana presso ciascuno dei punti di incontro. Rivolto principalmente alle donne, ma naturalmente compilabile anche da uomini che possono fornire il loro punto di vista sul tema, porterà ad avere un quadro più chiaro della situazione con il fine di poter effettuare azioni ancora più mirate. In ciascuno dei giorni indicati, vi sarà la presenza di personale del centro di ascolto, che chiarirà le finalità del questionario e rassicurerà, come rimarcato da Elisa Checile, responsabile dell'Orecchio di Venere, che "non vogliamo vendergli nulla". "Venerdì alle 11.30 avevamo già esaurito le 50 schede portate - ha sottolineato la responsabile evidenziando il forte interesse riscontrato - Ne verranno stampate altre e chiederemo anche ai medici di base di comunicare ai loro pazienti la possibilità di compilare il questionario", grazie al fattivo supporto dell'Asl AT, presente in conferenza con la propria direttrice sanitaria Tiziana Ferraris. La raccolta dei questionari si concluderà il 5 dicembre e sarà seguita da una nuova conferenza stampa nel corso della quale verranno illustrati i risultati.
L'importanza della prevenzione
Nell'ambito del suo intervento, il questore Di Donato ha invece spiegato di non amare troppo il termine 'femminicidi' poiché, quasi sempre, non si tratta di raptus di violenza ma bensì: "Parliamo di omicidi volontari premeditati. Le vittime vengono viste come oggetti, non più persone, che devono essere distrutte". E' pertanto fondamentale riconoscere la violenza già dai primi segnali: "Non è solo lo schiaffo - precisa la Di Donato - Violenza è anche la prima volta che ti maltratta, non ti valorizza, ti controlla il telefono, è ossessivo nel manifestare gelosia. Non va girata la testa dall'altra parte, perché questo non è amore".
Particolare attenzione viene dedicata anche agli autori di violenza attraverso il 'Progetto Uman'o, nato nel 2018. "È rivolto agli ammoniti per dare al maltrattante l'opportunità di cambiare il comportamento ed evitare la reiterazione del reato", spiega Chechile. Tuttavia, l'adesione resta limitata: su dieci casi di maltrattamento accertati, solo due in media accettano il percorso di sostegno psicologico e spesso su indicazione del proprio avvocato, poiché aderirvi dà diritto a una riduzione di pena.
Una risposta di sistema
"È importante fare rete perché la violenza è un fenomeno ancora sommerso e per molte vittime è ancora difficile affidarsi alle istituzioni", ha aggiunto la dottoressa Di Donato, rimarcando quanto il problema sia purtroppo radicato: "Nella sola ultima settimana abbiamo messo un braccialetto elettronico con arresti domiciliari per maltrattamenti in famiglia e altri due braccialetti per violenza domestica".
E' pertanto importante che più persone possibili sappiano che, grazie al supporto della Rete Territoriale Antiviolenza, è davvero possibile uscire dall'incubo ottenendo un concreto supporto per sé e per eventuali familiari conviventi a loro volta a rischio di ripercussioni. Un'attenzione che non viene meno neppure a distanza di anni poiché, come ha sottolineato la Chechile: "Cerchiamo anche di fare dei follow up, ricontattando le persone assistite dopo una decina di anni per appurare se c’è stato un effettivo cambiamento e il nostro intervento è servito o meno. Utilizziamo denaro pubblico ed è giusto che venga gestito nel miglior modo per il bene della comunità. Tutti dobbiamo parlare del problema della violenza, non solo gli esperti o la cronaca dei giornali, perché ci riguarda tutti".