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Cultura e tempo libero | 06 novembre 2025, 16:08

Dalla pietra alla carta: a Canelli, Annamaria Tosti racconta Plozia [Intervista]

Da una stele romana, la breve vita di una giovane sposa diventa un racconto collettivo tra storia, arte e memoria

Annamaria Tosti

Annamaria Tosti

“Plotia Prima”, figlia di Marco e Ignazia, visse tra queste colline duemila anni fa. A Canelli ha lasciato la sua impronta, su una stele funeraria: “Plòtiaè Marci filiae Primae annorum nata XIII nupta fuit dies C Marcus Plotius Cai filius pater Egnatia Marci figlia mater posuerunt”. Poche parole per una vita breve: tredici anni e cento giorni di matrimonio; ma il “caso” non ha voluto che venisse dimenticata.

Prima a San Rocco, poi alle scuole elementari G.B. Giuliani e, infine, nei magazzini comunali. Così, da un angolo dimenticato è nato un dialogo che ha superato il solo contesto storico, coinvolgendo esperti, cittadini e artisti nella creazione di un nuovo simbolo per la città.

“Le stele sono state ritrovate tantissimi anni fa ed erano già esposte al G.B. Giuliani, prima che venisse restaurato. Anticamente erano nella chiesa di San Rocco e infine sono state messe nei magazzini comunali. L’anno scorso le ho ritrovate e in particolare mi sono soffermata su una di esse, quella di Plozia”, racconta Annamaria Tosti che, proprio in questi giorni, ha pubblicato il libro “Cento giorni - Plozia, giovane sposa nella Canelli dell’Impero”, unendo le notizie ricavate dal reperto e l’immaginazione con l’obiettivo di costruire un discorso legato alle antichità che metterà in risalto le lapidi ritrovate nella chiesa di San Rocco.

(Chiesa di San Rocco, Canelli)

Un messaggio in bottiglia tra storia e affetto

Stando alle analisi condotte dal professor Marco Pavese dell’Università di Genova, il reperto risalirebbe al I secolo dopo Cristo, commissionato dai genitori, molto probabilmente abbienti vista la qualità della manifattura. Ma ciò che maggiormente ha contribuito al fascino per questa ragazza risiede nelle limitate parole che la ricordano: “Ho pensato, andando a vedere tutte le documentazioni, di ricostruire una storia verosimile - prosegue nel racconto Tosti - Poi c’era l’idea di questi due genitori che, volendo eternare il nome della figlia - perché pronunciare un nome significa trattenere un’essenza - hanno lasciato un messaggio in bottiglia. Pensare di raccoglierlo e farlo diventare qualcos’altro mi ha affascinato tantissimo”.

Una fascinazione che ha coinvolto anche le scuole, grazie a un corso di disegno presso la Biblioteca Monticone e a un monologo che ha inaugurato “Canelli si racconta”.

Dalla messa in scena al teatro Balbo, il lavoro sul personaggio è proseguito: “Allora ho iniziato anche a portarlo a diversi artisti, sia professionisti sia emergenti. Ho raccontato loro la storia di Plozia: infatti, tutte le fotografie delle opere realizzate dai professionisti sono raccolte nel libro. Si tratta, per esempio, dei lavori di Berruti, Incorvaia, Azzurro Cielo, Segnalibro, Maravalle e Palloncino Rosso. Ho chiesto a ciascuno di interpretare e immaginare Plozia, e tutti hanno accolto la proposta con grande entusiasmo”.

(La copertina del libro)

Una giovane sposa nella Canelli dell’Impero

Il libro, edito da Impressioni Grafiche di Acqui Terme, ha voluto unire il tema sociale a quello culturale. La scelta della stessa casa editrice, come ha spiegato l’autrice, ricade proprio in questa visione: “Ci tenevo molto a farlo realizzare da loro, dato che vi lavorano anche ragazzi con disabilità, e mi piaceva l’idea che il progetto avesse anche un valore sociale”.

Il direttore ha poi suggerito di arricchire il testo con una sezione di contestualizzazione storica, coinvolgendo nuovamente Marco Pavese, insegnante di Diritto Romano, che ha spiegato il matrimonio nell’antica Roma. Ma sono state rese partecipi anche altre realtà: “Ho chiesto al gruppo ‘Valle Belbo Pulita’ di contribuire con un approfondimento sull’idrografia del Belbo dell’epoca; alle signore del ‘Dal Fuso in Poi’, che nel frattempo avevano pubblicato un libro sulle erbe, di raccontare le piante e le ricette storiche di quel periodo. Ho coinvolto anche il ‘TAM’ di Biella, l’istituto di alta formazione tessile, per una parte dedicata al tessile e alla filatura, e Gianluigi Bera, per un contributo sulla coltivazione della vite”.

In questo modo, il libro è diventato non solo un racconto lungo e verosimile, ma un progetto diffuso di artisti, intellettuali e persone che hanno voluto condividere idee e passione, trasformando Plozia in qualcosa di più ampio: nelle scuole, ad esempio, la giovane protagonista è ormai conosciuta da tutti; la sua vicenda, vicina per età e sensibilità agli studenti, ha stimolato curiosità e partecipazione.

A tal proposito, infatti, Annamaria Tosti ha espresso la volontà di far uscire questa storia dalle pagine: “L’idea è che Plozia diventi, in un certo senso, un vero e proprio simbolo di Canelli, quasi un piccolo “brand” identitario. Stiamo pensando, per esempio, di realizzare delle statuette ispirate alla sua figura e persino dei biscotti, che si chiameranno ‘I sorrisi di Plozia’, proprio come nel libro. Insomma, l’obiettivo è trasformarla in qualcosa che rappresenti la città e la sua storia”.

Intanto, a dicembre, verrà presentato il libro in un appuntamento organizzato alla Biblioteca Monticone, approfondendo il racconto e le idee attorno a questa antica testimonianza del territorio.

Francesco Rosso

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