Mai sentito parlare di Società Benefit? Sono ancora pochi a conoscere la presenza nella normativa italiana di tale strumento giuridico, regolamentato dalla Legge del 28 dicembre 2015 n. 208, Commi 376-384. L’Italia è la prima in Europa, felice primato, ad averle introdotte nella normativa societaria, sulla scia delle Benefit Corporation americane, diffuse negli Stati Uniti da una decina d’anni: società con la definizione statutaria di perseguire in modo congiunto ed integrato finalità di lucro e di beneficio sociale.
Con l’istituzione delle Società Benefit si è voluto superare il dualismo fra profit e no profit. introducendo all’interno di società profit uno scopo di beneficio comune: ambientale, sociale o culturale. Ottima visione del legislatore, tanto più utile di questi tempi, per scordarsi delle attuali occasionalità di sostegno a cultura e a tutto il resto, frutto di erogazioni e sponsorizzazioni, a favore di un qualcosa di più continuativo, durevole e strutturale.
Al momento sono ancora proprio poche le Società Benefit in Italia e la maggior parte ha scelto uno scopo ambientale e sociale. Il supporto del comune Patrimonio culturale si sta però timidamente affacciando anche lui, pur se ingabbiato tra l’ancora poco valore dato al tema e l’uso autoritario del supportare da parte delle fondazioni bancarie. Basta pensare ad Asti e ci siamo capiti. Credo che una delle sfide del prossimo futuro sia vederlo sempre più collettivo, responsabile e partecipato, sempre più sostenibile e vicino a territori e comunità. La norma ne accoglie l’esigenza, sintetizzandola in cinque punti: la governance, per valutare il grado di responsabilità della società nel perseguimento delle finalità di beneficio comune; i rapporti con i suoi lavoratori; l’impatto e l’attenzione ambientale della società; la qualità dei rapporti con gli altri portatori d'interesse, con il territorio e le comunità locali.
Se la pandemia sta insegnandoci qualcosa, è che tutto non tornerà come prima e spuntassero da domani, come funghi nel più ricco degli autunni, Benefit anche dalle nostre parti, non sarebbe neppure male. Pensate che bello una Banca d’Asti Benefit, una Saclà Benefit o una ASP Benefit, in tre fanno una bella fetta del pil locale e il loro nuovo contributo potrebbe veramente dare soluzione ad antichi problemi. Perché dovrebbero farlo? Perché sono parti di un sistema e perché prodotti e servizi saranno scelti sempre più sulla base di contributi, impegno e immagine sociale delle aziende che li vendono o forniscono. Utile e dilettevole.