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Cultura e tempo libero | 25 giugno 2022, 10:30

Da Montemagno all’Islanda, dal Messico a Grana

Nuova uscita per la rubrica "Lavorare stanca. Allora leggi", dedicata questa volta al testo "Ferrovie del Messico", di Gian Marco Griffi

Foto Letture

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“Sarà l’ennesimo libricino astigiano: mi aspetto il peggio”

E invece, porca miseria, questo è un capolavoro. Sto sviluppando un giudizio critico feroce e impietoso che non credevo di possedere per cui credetemi quando vi dico che è questione di mesi prima che Gian Marco Griffi sia associato a David Foster Wallace. 

Tra l’altro non è un libricino, è un mattonazzo di 820 pagine.

La trama, che ritengo sempre secondaria in un romanzo, trovo che qua sia quasi irrilevante: nel 1944 Cesco Magetti, milite astigiano con il mal di denti, riceve l’ordine di disegnare una mappa ferroviaria del Messico.

Fine. Questo è tutto. Dov’è l’incredibile?

Ci si accorge subito essere un’epica tragicomica che genera storie su storie: il libro, volendo, potrebbe non finire mai. Poi c’è una vivacità spazio- temporale vastissima (con quest’ultima frase intendo “ero in uno stato confusionale senza capirci nulla” tipo in 100 anni di solitudine con tanti personaggi in tanti luoghi diversi) ma che importa del senso logico? La bellezza di questo romanzo è la struttura: poesie, frasi musicali, piani narrativi intrecciati, parodie, digressioni, citazioni, premonizioni, ma soprattutto ELENCHI, elenchi folli e infiniti, un accumulo di dettagli grotteschi.  

Come può il signor Griffi, che di lavoro dirige un campo da golf, aver avuto il tempo di documentarsi così accuratamente per poter scrivere della Asti del 1944 senza sbagliare un riferimento, di Messico, di Germania e di denti per un milione di battute? In più un romanzo enciclopedico moderno deve contenere un’analisi dello sfacelo, una coscienza del collasso, una testimonianza della frammentazione, una critica radicale del concetto di verità.  

In ogni caso è stato uno shock vitaminico, una botta di energia: l’ho finito con una voglia incredibile di scrivere.

Poi Cesco è un inetto e fa sempre bene leggere di antieroi non performanti, che di questi tempi ci si dimentica del diritto di fare schifo. 

Poi c’è la guerra. Ancora? Sì. 

La letteratura bellica ci fa capire che non è che vero che di fronte alla guerra tutto è superfluo: se hai mal di denti questo è prioritario, per quanto superfluo, e se hai da disegnare la mappa ferroviaria del messico, questo è prioritario, per quanto superfluo. Tutto è superfluo e allora la vita è fatta di momenti superflui in situazioni tragiche.

Ho riso tantissimo e pianto tantissimo.

Lettori e lettrici astigiane vi dico di leggere Ferrovie del Messico perché Tilde è la ragazza selvatica e scalza che vorreste vi sussurrasse all’orecchio come vivere e vi dico di leggere Ferrovie del Messico perché in un romanzo ambientato tra il Cocchi e Via Massimo D’Azeglio vi sentirete a casa dalla prima pagina. 

Assurdo, metafisico, divertente, commovente, avventuroso, lirico, riuscito: leggetelo. 

Aurora Faletti

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