A tre anni dal debutto della prima versione, la rete di stazioni meteorologiche di Dati Meteo Asti si rifà il look.
Non solo un restyling grafico, ma una vera e propria riprogettazione del portale, pensata per rendere i dati più chiari, accessibili e utili a chi lavora con il clima tutti i giorni, dalle aziende vitivinicole alle stazioni sciistiche. Ne abbiamo parlato con Luca Leucci, uno dei fondatori del progetto.
“Siamo partiti per dare qualità ai dati meteo”
Com’è nata l’idea di creare una rete di stazioni meteo astigiana?
“La piattaforma è nata nel 2022. L’idea innovativa non era tanto costruire una rete di centraline – ce ne sono molte in Italia – ma farlo con un approccio rigoroso sulla qualità del dato. Nel tempo ricevevamo decine di richieste da privati, aziende agricole, cantine, persino enti turistici, che volevano consigli su quali stazioni comprare e come installarle. Molte erano posizionate male o con sensori poco accurati, e questo generava errori anche di un grado o più. Un’anomalia apparentemente minima, ma che, nel calcolo delle sommatorie termiche per la viticoltura, può spostare completamente i parametri, portando una vigna piemontese a sembrare… laziale.
E questo per chi lavora con il vino è fondamentale: prendere decisioni sbagliate sulla base di un dato alterato può significare trattare quando non serve o, al contrario, non intervenire quando sarebbe necessario. Oggi, grazie a rilevazioni corrette e localizzate, i trattamenti si fanno solo quando servono davvero, con benefici economici e ambientali: meno prodotti usati, meno impatto sul suolo e risorse risparmiate.
La nuova versione del portale cosa introduce di concreto per l’utente?
Abbiamo rinnovato completamente la grafica e la disposizione dei dati, rendendo la consultazione più intuitiva. Ora tutte le centraline dispongono di grafici interattivi e la visualizzazione è più leggibile. Ma la vera novità sarà in autunno: stiamo preparando funzioni aggiuntive per i nostri soci, come nuovi parametri climatici, archivi dati più ricchi e strumenti dedicati alle aziende vitivinicole e ai comprensori sciistici. Questo aggiornamento era necessario per predisporre l’infrastruttura tecnica alle novità che arriveranno nei prossimi mesi.
Quante stazioni copre oggi la rete di DatiMeteo Asti?
Attualmente contiamo circa 325 centraline, distribuite soprattutto tra Piemonte, Valle d’Aosta e Liguria. Nel Monferrato e nelle Langhe la copertura è ottima, anche se restano zone scoperte come l’alta Valle Belbo o il nord Astigiano. Il nostro obiettivo è colmare questi ‘buchi’ e rendere la rete ancora più capillare. Va detto che non vogliamo sostituirci agli enti ufficiali come Arpa Piemonte – che resta il riferimento – ma integrarci a loro, garantendo dati comparabili grazie agli stessi standard di rilevazione.
Le vostre centraline coprono anche le aree alpine?
Sì, ne abbiamo diverse sopra i 3.000 metri, fino a 3.500. Sono tutte dotate di sensori neve, dati cruciali per chi gestisce impianti sciistici o per chi studia i cambiamenti climatici in quota. Non è semplice installarle e mantenerle: il clima severo e i fulmini sono i principali nemici, ma abbiamo sviluppato un sistema di alert che ci segnala anomalie in tempo reale, così possiamo intervenire rapidamente.
Gestire 300 e più centraline non dev’essere semplice. Come affrontate la manutenzione?
Abbiamo scelto strumenti affidabili che richiedono poca manutenzione. Formiamo i proprietari delle stazioni per piccoli interventi, come pulire i pluviometri quando si intasano. Quando il problema è più serio, interveniamo noi direttamente. Il sistema interno ci avvisa se una centralina invia dati anomali, così possiamo capire subito se serve un intervento urgente. Il periodo più delicato? L’estate: i temporali sono frequenti e i fulmini possono danneggiare gli apparati elettronici.
Dove volete arrivare con questo progetto?
Vogliamo continuare a crescere in capillarità e funzioni, sempre mantenendo l’attenzione sulla qualità del dato. I nostri utenti spaziano dagli appassionati di meteo ai produttori vitivinicoli, dai gestori di impianti sciistici alle scuole. L’obiettivo è fornire strumenti concreti a chi, su quei numeri, deve prendere decisioni quotidiane. E più i dati sono affidabili, più sono utili.
“Il futuro? Dati più precisi e comunicazione più responsabile”
Guardando al futuro prossimo, che importanza avrà una meteorologia sempre più precisa e scientifica, soprattutto di fronte ai cambiamenti climatici che stiamo vivendo?
Sarà fondamentale, e non solo per gli appassionati. Prendi il vino: avere dati meteo precisi serve a capire non solo com’è andata la stagione, ma anche come confrontarla con gli anni precedenti e con le medie storiche. Noi stiamo lavorando su un progetto che si chiama Fenovite, nato proprio insieme ai produttori. Raccogliamo i dati meteo delle centraline e li incrociamo con le fasi fenologiche della vite, cioè il ciclo di vita della pianta. Questo permette di costruire un vero e proprio racconto dell’annata: quando è iniziato il germogliamento, quanto è stata precoce o tardiva la fioritura, se l’invaiatura è arrivata in anticipo o in ritardo.
Quindi un monitoraggio che non serve solo a fotografare il presente, ma anche a costruire una memoria storica.
Esatto. La forza del progetto sarà accumulare 7, 8, 10 anni di dati: a quel punto potrai confrontare annate simili, capire trend climatici e perfino prevedere scenari futuri. Per esempio: se a marzo ho avuto un inverno molto secco, posso già impostare alcune pratiche agronomiche di conseguenza, come la potatura o la gestione del suolo. È un passo avanti enorme rispetto a vent’anni fa, quando si lavorava più a calendario che a dati.
Comunicazione meteo e fenomeni estremi
Negli ultimi anni sembra che si parli molto più di meteorologia anche sui giornali e in tv. Pensi che questo trend crescerà?
Senza dubbio. I fenomeni estremi – nubifragi, grandinate, ondate di calore – sono più frequenti e più intensi, e la gente li percepisce sulla propria pelle. Pensa all’alluvione di Pasqua: le previsioni già dieci giorni prima erano chiarissime, ma nonostante questo la comunicazione non sempre riesce a trasmettere la gravità dell’evento. Avere reti di monitoraggio capillari permette non solo di migliorare le previsioni, ma anche di comunicare meglio il rischio.
La sfida quindi non è solo scientifica, ma anche comunicativa.
Esatto. Bisogna spiegare alle persone che un temporale non è solo ‘pioggia forte’, ma un potenziale pericolo, specie se arriva su terreni già saturi o su città fragili. E lo stesso vale per il caldo: arriveremo a dover comunicare combinazioni di temperatura e umidità come veri e propri allarmi sanitari. In Spagna o in Israele già oggi cambiano gli orari di lavoro per il clima; non è escluso che accada anche qui.
Parli spesso di “micro-realtà”. Quanto è importante adattare il discorso climatico al territorio?
Tantissimo. Parlare genericamente di ‘estate calda’ non serve a chi deve decidere se trattare una vigna o aprire un impianto sciistico. Serve un dato locale e comparabile. Il nostro lavoro è proprio questo: portare la meteorologia sul territorio, con stazioni posizionate in modo corretto e dati affidabili che si possano confrontare con quelli ufficiali. Solo così possiamo aiutare aziende e comunità a prendere decisioni concrete.
E come si può migliorare la percezione pubblica del cambiamento climatico?
Con pazienza e con esempi concreti. Ancora oggi c’è chi dice ‘se stamattina ho messo la felpa allora il cambiamento climatico non esiste’. Ma bisogna spiegare che non si tratta del singolo giorno: è la tendenza su anni e decenni che racconta la storia. E farlo con dati semplici e trasparenti aiuta a far capire che non è un discorso ideologico, ma scientifico e molto pratico.
Per chi fosse interessato ad installare una centralina meteo, può rivolgersi a questo link.