Il sipario della stagione 2025/2026 dello Spazio Kor di Asti si alza con un titolo che è già dichiarazione di intenti: Lingua di Mezzo. Una definizione che non vuole essere un compromesso, ma un punto d’incontro, un terreno fertile dove i linguaggi artistici si confrontano e si contaminano.
Il cartellone si muove tra teatro, danza, musica elettronica, laboratori e coralità, con un’attenzione particolare al tema della memoria, delle tradizioni popolari e della relazione tra uomo e natura. Una stagione pensata per parlare a pubblici diversi e per continuare a fare di Spazio Kor un laboratorio vivo di sperimentazione culturale.
Una stagione che parla molte lingue
Ad aprire la conferenza è stato l’assessore alla cultura del Comune di Asti, Paride Candelaresi, che ha scelto parole fitte e dense, come a voler sottolineare la complessità di un progetto che non si esaurisce nella semplice programmazione teatrale: “Il significato di questo spazio e il valore di cui si sta interessando non sono soltanto le nostre risorse materiali, ma soprattutto le idee, che diventano valori internazionali e ci permettono di sperimentare pratiche nuove. La cultura è relazione, e questa stagione ci invita a costruire traiettorie comuni, a indagare quelle più interessanti per ascoltare davvero il nostro pubblico”.
Candelaresi ha voluto anche rimarcare la dimensione di ricerca che accompagna le produzioni ospitate: “Il processo creativo non è mai un fatto automatico, ma una scelta di intimità. Il lavoro degli artisti, anche quando è riconosciuto, non deve fermarsi alla celebrazione ma diventare ancora più desideroso di confronto, di apertura. È questo il senso che riconosco nello Spazio Kor: un luogo dove le energie non si disperdono, ma trovano nuove forme”.
Accanto a lui, sono intervenuti i curatori e alcuni degli artisti protagonisti della stagione. Matteo Negrin, direttore della Fondazione Piemonte dal Vivo”, ha ricordato come il lavoro del gruppo sia sempre stato quello di creare una lingua comune: “C’è una squadra che non si vede ma che lavora insieme. La lingua che ci unisce è fatta di gesti, corpi, suoni. È questa lingua che vogliamo condividere col pubblico”.
Un altro intervento ha posto l’accento sul rapporto tra tradizione e modernità: “La tradizione è un processo dinamico. Non è mai un’ancora immobile, ma un equilibrio che si rinnova continuamente. In questo senso, la nostra stagione vuole essere un invito a cercare, a scegliere, a trovare il punto di incontro tra ciò che siamo e ciò che possiamo diventare”.
Memoria e pratiche collettive
Particolarmente toccante è stato il passaggio dedicato al valore della memoria e al suo legame con la corporeità: “Abbiamo bisogno di spazi-tempo in cui la ritualità non sia appiattita da immaginari stereotipati - spiega Chiara Bersani, con Giulia Traversi curatrice della stagione- La memoria non è solo concetto storico o sociale, ma è azione, pratica, allenamento. È nel corpo che la memoria trova la sua eco. Ed è da qui che partiamo per costruire collettivo, per dar vita a un coro che risuona come campane nello spazio”.
Un richiamo che trova piena realizzazione in alcuni degli appuntamenti in programma, come il laboratorio Le Campane di aprile, dedicato proprio alla costruzione di una memoria condivisa attraverso la voce e la pratica corporea.
Il programma: dal teatro alla danza, fino alla voce collettiva
Il calendario degli spettacoli si apre il 16 novembre con Tutte le cose più grandi di me, primo tassello di un mosaico che si arricchirà il 29 novembre con Foresto.
Il 18 gennaio spazio a Things, spettacolo di danza pensato per tutte le età, che riflette sul rapporto tra umanità e natura. Il 7 febbraio sarà la volta di Monumentum DA, un lavoro che mescola corporeità e suono, con riflessioni sulla voce, il silenzio e le origini del linguaggio umano.
Il 21 febbraio andrà in scena Dov’è più profondo, un progetto che unisce musiche popolari e voci registrate nei territori di Puglia, Piemonte e Valle d’Aosta. Un intreccio di memorie e identità, che fa dialogare archivi sonori e comunità locali in un racconto corale e universale.
A marzo, il 7, il pubblico incontrerà Ruvido umano, concerto per voce e musica elettronica, mentre il 22 prenderà forma Vorrei una voce, laboratorio performativo in cui le memorie individuali diventano canto collettivo.
La stagione si chiuderà il 18 e 19 aprile con Le Campane, laboratorio esperienziale che esplora la memoria come pratica corporea e rituale.
Spazio Kor come cantiere culturale
L’impressione che emerge dalla presentazione è quella di una stagione densa e coraggiosa, che non ha paura di affrontare temi complessi e di proporre forme artistiche innovative. Fabiana Sacco, dello staff dello spazio Kor, lo ha ribadito più volte: “Quello che accade qui non è solo spettacolo, ma un lavoro che parla di ricerca, di sviluppo, di valori che si aprono al mondo. Lo Spazio Kor è un patrimonio che non si limita al nostro territorio, ma dialoga con reti nazionali e internazionali, capace di offrire contributi che superano i confini locali”.
Una lingua che unisce
Lingua di Mezzo non è dunque soltanto un titolo, ma una metafora potente: un codice comune che nasce dall’incontro di linguaggi diversi e che trova nella comunità il suo destinatario principale. Il pubblico, chiamato a essere parte attiva del processo, non sarà solo spettatore, ma compagno di viaggio in un percorso che guarda alla cultura come a uno strumento di trasformazione collettiva.
In allegato il programma dettagliato.