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Attualità | 10 febbraio 2023, 20:20

"Un paese senza memoria è un paese senza civiltà, cancellare le foibe è cancellare noi stessi"

Il Comune di Nizza si unisce al ricordo delle vittime coinvolte nelle stragi dei massacri delle foibe. Intitolata la targa per ricordare Giuseppe Pesce, infoibato dai partigiani jugoslavi

"Un paese senza memoria è un paese senza civiltà, cancellare le foibe è cancellare noi stessi"

Ogni cittadino nicese, all'entrata nella sede della polizia locale in piazza Cavour 2 potrà meditare sulla targa di Giuseppe Pesce, comandante dei vigili urbani in Istria, dove morì, più per colpa di essere un italiano che per l'essere fascista. I massacri delle foibe sono un episodio cruento e cupo della storia italiana e Nizza Monferrato ne ha fatto attivamente parte con il coinvolgimento di Pesce. Per questo la giunta comunale ha deciso di rendergli onore con questa targa commemorativa.

A dare inizio alla cerimonia,  il sindaco  Simone Nosenzo: “Mi fa piacere vedere tutte queste persone, i poliziotti, i carabinieri in uniforme, associazioni di volontariato e il consiglio comunale ragazzi. Questo dà un grande messaggio importantissimo a questo giorno per il ricordo. Oggi 10 febbraio si celebra il giorno del ricordo del massacro delle foibe, dell'esodo giuliano dalmata, per cui io in questa giornata importantissima inoltro il ricordo una celebrazione dedicata. Noi abbiamo un cittadino nicese infoibato, Giuseppe Pesce non qui ma nella zona in cui è stato infoibato".

Rimarca l'assessore  alla Cultura Ausilia Quaglia: “L'episodio delle foibe è un fatto vergognoso. Il fenomeno ha colpito fascisti e innocenti, la gente veniva uccisa solo per la colpa di essere italiana. Il messaggio che vogliamo dare è che le guerre non servono e non portano a nulla. Tutti hanno diritto alla vita”.

All'interno dell'evento si è dato anche spazio al consiglio comunale ragazzi, che con degli interventi brevi ma intensi hanno lanciato un chiaro messaggio: la memoria non ha età, e il punto focale è educare i più giovani a coltivarla.

Il comandante della polizia locale di Nizza Monferrato Silvano Sillano: “Mi ricollego alla presentazione della memoria in onore del vigile Giuseppe Pesce. Era il 30 Marzo 1947 quando a Ternovizza estrassero 7 cadaveri, tutti in abito militare, l'unico identificato fu Giuseppe Pesce. Farà il carabiniere e terminò la prima guerra mondiale con il grado di brigadiere. Venne mandato nella seconda guerra mondiale in Istria come comandante dei vigili urbani, per poi essere catturato dai partigiani jugoslavi e infoibato alla fine del '43. Per foibe s'intendono delle depressioni nel terreno, nelle quali venivano gettati, vivi o morti, gli italiani catturati”.

 

Un po' di storia

Foibe, un fenomeno di difficile studio

"Governare gli italiani non è impossibile, è inutile”, queste le parole del Duce in persona Benito Mussolini, capo del governo dal '22 al '43, in quello che storicamente individuiamo come “ventennio fascista”. La frase nasconde un senso più profondo che si riscontra negli ultimi anni della seconda guerra mondiale. Dopotutto i tedeschi seguirono fino alla fine gli ordini del loro fuhrer Adolf Hitler, mentre i giapponesi non spodestarono il loro imperatore Hirohito, che anzi regnò fino alla morte nell'89, nonostante l'umiliante sconfitta ai danni degli Stati Uniti. Appena però in Italia si apprende della bandiera bianca del feldmaresciallo Von Paulus in seguito alla sconfitta della leggendaria battaglia di Stalingrado e della conseguente controffensiva, l'Italia comincia a fare crack. Al minimo squilibrio la cieca dedizione al Duce vacilla, il tutto poi culmina con la destituzione del Re.

Italia come campo di battaglia

Tutta l'amministrazione crolla come un castello di carte e l'Italia diventa rapidamente un vero e proprio campo di battaglia. Lo squilibrio si fa tale che l'8 settembre del '43 la Wermacht, il potentissimo esercito tedesco invade la parte settentrionale dell'Italia, la parte sud poi verrà invasa dagli Americani con lo sbarco in Sicilia. E la parte orientale ben presto vedrà l'avanzamento dei partigiani jugoslavi guidati dal Maresciallo Josip Broz Tito.

La questione ora si fa più radicata. Alla fine della prima guerra mondiale, gli italiani definiscono “vittoria mutilata” le ricompense ottenute, in quanto non quelle originariamente pattuite nei trattati segreti di Londra. L'Italia sulla parte orientale avrebbe dovuto ottenere sia la Dalmazia che l'Istria, ottenendo tuttavia solo quest'ultima. L'Italia ricercava da tempo quei territori appartenuti e amministrati dalla Repubblica di Venezia fino alla sua caduta. Città come Ragusa, Spalato, Càttaro, Parenzo, Pola e via dicendo erano molto divise all'epoca di Venezia. Gli slavi venivano considerati primitivi ed erano la popolazione maggioritaria, mentre l'intellighenzia e la borghesia erano tutte di marchio italiano.

La caduta dell'impero

Alla fine della prima guerra mondiale e con la caduta dell'enorme impero austroungarico, il piccolo Stato della Serbia si siede tra il tavolo dei vincitori e nasce sempre di più l'idea di panslavismo, nasce così coi trattati di Versailles la Jugoslavia (slavi del sud), che annetteva a sé tutta la penisola dalmata.

La risposta a questo sentimento italiano insoddisfatto arriva con Mussolini che ben in mente aveva chiaro sul da farsi per la questione slava, in merito nel 1920 il Duce si esprime così: “Di fronte a una razza inferiore e barbara come la slava, non si deve seguire la politica dello zuccherino, ma quella del bastone. I confini dell'Italia devono essere il Brennero, il nevoso e le dinariche: io credo che si possano sacrificare 500.000 slavi barbari a 50.000 italiani”. Non a caso gli abitanti slavi dell'Istria (oggi sloveni e croati ndr) hanno vissuto male “l'occupazione” italiana di quei territori, amministrati con il bastone, proibendo alla popolazione locale di parlare la loro lingua, ad affrontare un processo di italianizzazione forzata, imponendo di dimenticare di essere stati slavi. Tutto questo dura per 20 anni ininterrotti. Divieti, abusi, violenze erano l'ordine del giorno.

Il collasso del regno jugoslavo

Inutile dire che con l'invasione e il rapido collasso del regno jugoslavo, l'Italia riesce a spartirsi coi tedeschi le regioni tanto volute, tra cui Lubiana e la costa dalmata. E qui non si parla di occupazione civile, ma militare e con la nascita della resistenza partigiana jugoslava, la risposta dei militari italiani si fa sempre più dura. Villaggi bruciati, esecuzioni sommarie e deportazioni sono ordinaria amministrazione per l'esercito italiano.

Dopo tutte queste atrocità perpetrate per tutti questi anni , la popolazione slava locale odiava gli italiani, senza purtroppo nessuna distinzione. Chiaro che quindi i partigiani, stremati in quanto guerriglie irregolari e non supportate da uno Stato dietro appena hanno potuto vendicarsi lo hanno fatto nel modo più cruento.

Ecco che verso la fine del '43, quando gli italiani nei territori occupati rimangono senza guida e allo sbaraglio, vengono raggiunti dai partigiani jugoslavi locali.

Comincia il fenomeno delle foibe e l'esodo giuliano-dalmata.

Mentre gli italiani arretravano verso ovest nei loro territori i partigiani cominciano la rioccupazione dei loro territori spingendosi ulteriormente oltre i loro confini, prendendo anche l'Istria ed entrando persino a Trieste. Comincia quindi il processo di pulizia etnica, fascisti e non (civili, accusati di essere collaboratori) vengono presi legati a fili di ferro, anche con colonne di 30 persone e fucilate man mano mentre i cadaveri cadevano in queste depressioni naturali, definite “foibe”. Si salvi chi può. E così la popolazione italiana comincia a fuggire in un clima di terrore dove non c'era più spazio per il multiculturalismo.

Poco si sa dell'effettivo coinvolgimento del Maresciallo Tito, che comunque viene premiato dalla più alta onorificenza come Cavaliere di gran croce, decorato di gran cordone, dell’Ordine «Al merito della Repubblica italiana» nel 1970 da Sandro Pertini, in merito alla questione. È comunque improbabile che l'ordine fosse quello di fare quello che è stato fatto, il fronte jugoslavo è stato enormemente più grande e complesso della sola Istria e l'obbiettivo di allora era ampliare i normali confini jugoslavi cercando di prendere l'eterogenea Trieste.

 

Nessun processo

Chi ha commesso tali atrocità purtroppo non fu mai processato, essendo dalla parte dei vincitori al tavolo delle trattative. Ogni forma di violenza tuttavia cessò coi trattati di Parigi del 1947, dove l'Italia doveva alla neonata Jugoslavia socialista 125 milioni di dollari (valore del '38) insieme a: Carnaro (Fiume), Carnaro, Zara, quasi tutta l'Istria fino alle porte di Trieste.

NeBa

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