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Attualità | 28 maggio 2025, 15:29

Canelli si schiera per Gaza: adesione alla campagna “50.000 sudari”. I pediatri italiani: "I bambini non sono nemici"

Con un gesto simbolico, l’Amministrazione comunale condanna il massacro in Palestina. Analoghi appelli anche da parte degli ordini professionali dei medici: “I figli della dottoressa al-Najjar sono anche i nostri”

L'amministrazione canellese e il sudario per Gaza

L'amministrazione canellese e il sudario per Gaza

Anche il Comune di Canelli aderisce alla campagna “50.000 sudari per Gaza”, partita lo scorso 24 maggio e promossa a livello nazionale tramite i social.

Una presa di posizione politica in ricordo delle oltre 50 mila vittime palestinesi dall’inizio del conflitto in Medio Oriente.

 "L’Amministrazione comunale esprime la propria vicinanza al popolo palestinese, colpito da una crisi umanitaria di proporzioni drammatiche, crudeli. In un momento così grave, rinnoviamo il nostro appello al rispetto del diritto internazionale, alla protezione dei civili e a una pace giusta e duratura fondata sul riconoscimento dei diritti di tutti i popoli", ha dichiarato la sindaca Roberta Giovine in apertura del Consiglio comunale di ieri sera, esprimendo il pensiero della maggioranza contro il persistente massacro della popolazione palestinese.

 Il lenzuolo, poi esposto sul balcone di Palazzo Anfossi, si unisce al sempre maggiore numero di cittadini e Comuni che in Italia hanno deciso di mostrare il proprio dissenso e presa di posizione.

Un gesto simbolico che auspica a una rapida fine del conflitto.

Fnomceo: “I figli della dottoressa al-Najjar sono anche i nostri”

“I figli della dottoressa al-Najjar sono nostri figli. Hanno ucciso i nostri figli”. Le parole, cariche di dolore, sono del presidente nazionale della Fnomceo, Filippo Anelli, che si è fatto voce dello sgomento profondo della comunità medica italiana di fronte all’ennesima tragedia che si consuma nella Striscia di Gaza.

La dottoressa al-Najjar, medico palestinese, ha perso 9 dei suoi 10 figli, uccisi durante il bombardamento della sua abitazione, mentre lei era al lavoro. Un dolore inimmaginabile, che si aggiunge al calvario di un popolo martoriato da mesi di guerra. “Condanniamo con forza l’uso della violenza contro i sanitari”, ha detto Anelli, sottolineando come la distruzione della casa e la strage familiare siano “dramma nel dramma”.

Fnomceo si unisce all’appello del direttore generale dell’OMS, Tedros Adhanom Ghebreyesus: “Si abbia pietà di un popolo così drammaticamente martoriato”. Alle bombe, denuncia Anelli, si aggiunge la fame, e alla fame la drammatica carenza di farmaci e presidi sanitari. Medici e operatori europei, italiani compresi, lavorano in condizioni proibitive, spesso a rischio della propria vita.

“Ci preoccupa la sicurezza dei colleghi in missione umanitaria” ha dichiarato il presidente, chiedendo con forza “l’apertura di un corridoio umanitario che permetta loro di operare in sicurezza, nel rispetto delle convenzioni internazionali”.

Anche dalla sede astigiana della Federazione, il presidente dell’Ordine dei Medici Claudio Lucia e la presidente CAO Marcella Pavese esprimono vicinanza e solidarietà alla collega colpita da una perdita atroce: “A lei, simbolo del sacrificio quotidiano di tanti medici, va il nostro pensiero. Nessuna madre, nessun medico, dovrebbe mai vivere un simile dolore”.

L’appello dei pediatri italiani: “I bambini non sono nemici. Gli aiuti umanitari non sono un’arma”

"Mohammed aveva 4 anni. È morto di fame a Gaza il 25 maggio scorso". Non per carestia, non per una tragica fatalità, ma perché qualcuno ha deciso di bloccare gli aiuti umanitari, trasformando il cibo in un’arma. 

Di fronte tragedia, l’Associazione Culturale Pediatri (ACP) non può tacere. “L’enormità di questi accadimenti ci sovrasta. Ci sentiamo inermi, ma il silenzio sarebbe complice”, afferma Stefania Manetti, presidente dell’ACP. “Come madri e padri, come pediatri, come esseri umani, dobbiamo gridare la nostra indignazione”.

Un editoriale pubblicato su The Lancet il 24 maggio scorso parla chiaro: “Ogni giorno a Gaza vengono uccisi 35 bambini”. Il bilancio è spaventoso: oltre 18.000 piccole vittime, e un numero ancora più alto di minori mutilati, traumatizzati, condannati a sopravvivere in condizioni disumane.

Ma ciò che più sconvolge è che non si muore solo sotto le bombe, si muore anche di fame. Non per carestia, ma per il mancato accesso agli aiuti. “La fame non può diventare una strategia militare né una leva di negoziazione politica”, ribadisce l’ACP, unendosi all’appello di numerose società scientifiche e associazioni sanitarie nazionali e internazionali.

“Ogni giorno che passa, la distruzione del popolo palestinese si abbatte come un’onda lunga anche sulle generazioni future. I figli dei sopravvissuti cresceranno nel lutto, nella rabbia, nella paura. E il mondo intero porterà il peso di questo fallimento”, scrive l’ACP nel documento condiviso oggi.

“Chiediamo – anzi, pretendiamo – che i bambini vengano protetti. Che gli aiuti passino. Che la guerra non cancelli l’infanzia”. È un appello che nasce dalla coscienza di chi lavora ogni giorno per la salute e la felicità dei più piccoli. E che non può accettare che a soli quattro anni, come nel caso del piccolo Mohammed, si venga lasciati morire di fame.

Francesco Rosso

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