“Il ricamo è un momento per condividere, per riflettere, per costruire un pensiero collettivo”, è questo il punto di forza dei Fili resistenti: un gruppo di ricamo interamente al femminile.
La storia
Nato all’inizio di quest’anno ad Asti, è composto attualmente da quattordici partecipanti ma resta sempre aperto a nuove partecipanti.
Tutto è cominciato quando un’associazione di Cuneo, impegnata in un progetto di raccolta fondi per una casa di protezione per donne e bambini sopravvissuti alla violenza domestica, è passata da Asti durante un cammino solidale. In quell’occasione è nato il primo ricamo collettivo: dei pañuelos, piccoli triangoli di stoffa su cui le astigiane hanno cucito parole, nomi e messaggi di sostegno.

Ricamare per ascoltarsi
Il gruppo si riunisce ogni quindici giorni al Foyer delle famiglie. Nessuna lezione, nessun obiettivo tecnico: non si impara a ricamare (anche se è certamente possibile andare senza averne conoscenza), si impara ad ascoltare.
“Siamo abituati a parlare, ma pochissimo ad ascoltare. Mentre qualcuna cuce, qualcun’altra racconta e lo scambio diventa naturale” ha spiegato Dennis Marcela, ideatrice del progetto.
Il grande striscione per la Marcia della pace
Uno dei momenti più significativi del percorso è stato il lavoro collettivo per la marcia Perugia–Assisi di ottobre. Ognuna ha ricamato una lettera della celebre canzone Imagine di John Lennon. Durante la marcia, molte persone hanno chiesto di fotografare lo striscione: “Solo allora abbiamo capito il valore del nostro lavoro” ricorda con emozione Dennis.
Il ricamo come strumento politico
Per il 25 novembre, Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, Fili resistenti ha organizzato un primo incontro di ascolto e condivisione: un dialogo aperto al racconto di qualsiasi esperienza - positiva o negativa che fosse - sul proprio passato, presente o di aspettativa futura.
Negli incontri successivi sono nate le opere ad oggi esposte presso la caffetteria Mazzetti.
I ricami raccontano violenza economica, psicologica, verbale; ma anche forza, educazione e resistenza.
“Le guerre attraversano i corpi delle donne. Quando siamo in mezzo alla guerra i nostri corpi diventano un bottino di battaglia” un pensiero importante, che vorrebbero far diventar protagonista della loro prossima mostra.
Un gesto antico che cura
Durante l’incontro è stato ricordato come il ricamo sia stato utilizzato persino nella prima guerra mondiale come pratica terapeutica per i soldati feriti: un lavoro lento, ripetitivo, capace di ricucire non solo stoffe, ma traumi e frammentazioni.
Il ricamo torna così a essere un linguaggio universale: in America Latina è uno strumento di ricostruzione comunitaria, una “promessa di futuro” che le donne si tramandano per ricucire ferite personali e collettive.
Opere in mostra e sostegno al gruppo
Le opere esposte alla caffetteria Mazzetti sono acquistabili con un’offerta minima di 20 euro rivolgendosi al bar, i ricavi serviranno per l’acquisto del materiale d’utilizzo dei prossimi progetti. Possono essere prenotate e ritirate dopo l’8 dicembre, data termine dell’esposizione.























